Ad un passo dall’eutanasia venatoria sarà possibile la riscossa?
Anche per questa stagione siamo arrivati alla fine del capitolo, quello della stagione di caccia 2013. Quattro mesi per nulla emozionanti hanno sancito ancora una volta, come se ce ne fosse stato il bisogno, che “la caccia” è sempre più scomoda e maggiormente isolata. Oltre al danno (quello economico) per molti cacciatori, vi è stata la beffa di non poter usufruire delle 55 giornate a disposizione e di non poter esercitare un diritto sancito dalla legge.
Gli attacchi degli anticaccia; i continui ricorsi al TAR (ovviamente perché non pagati) degli animalisti, o “animalari” che dir si voglia, che ormai incombono come presenza fissa in ogni Tg nazionale; i calendari venatori di certe regioni che, grazie all’incompetenza di certe persone, sono assurdi; aggiungiamoci anche la divisione interna fra noi cacciatori; queste sono tutte tristi realtà che stanno portando la nostra passione, le nostre tradizioni e tutta la cultura venatoria verso l’eutanasia.
Con questa stagione venatoria si è chiuso un brutto capitolo, ma per fortuna non siamo ancora alla fine del libro. La speranza resta quella di vedere sorgere presto una nuova alba e un nuovo fronte compatto capace di serrare i ranghi e marciare unito nella stessa direzione. Una lobby forte e organizzata, magari nello stile francese, di cacciatori, onesti cittadini che, a differenza di altri, hanno la fedina penale pulita, che non vogliono altro che ottenere rispetto e dignità. È ovvio che per raggiungere questo obiettivo i passi da compiere sono molteplici e non per nulla facili, ma ci si deve provare.
La ricerca scientifica con dati certi, i miglioramenti ambientali, i piani di controllo faunistico del territorio e una buona dose di disciplina interna sono alla base del cammino. Inutile fare convegni e promuovere incontri se poi a mancare è proprio la volontà. Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. Se per il settore venatorio si può parlare di una situazione di crisi diciamo allora che la vera crisi è quella dell’incompetenza e che l’inconveniente delle persone (e delle associazioni) è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie d’uscita.
Qualche esempio?
In Lombardia si è gioito perché Bruxelles ha cancellato la minaccia di messa in mora per la caccia in deroga, ma qui siamo di fronte ad una sconfitta vera e propria. La minaccia è stata semplicemente tolta perché da due anni ormai le deroghe sono sparite, perché la Regione Lombardia non ha fatto proprio nulla.
In Liguria si è cacciato un terzo della stagione a causa di un calendario zoppo facilmente impugnabile e in altre regioni, quali Piemonte, Sardegna, Toscana, Campania, la situazione non era diversa.
E allora perché non pensarci seriamente e mettere sul tavolo un progetto ad ampio respiro per unire le associazioni venatorie, con un’unica polizza nazionale, con sedi periferiche che siano di supporto agli associati, con gente qualificata a rappresentarci senza dover per forza di cose passare dal piccolo politico incompetente di turno, che per una manciata di voti finge di esserci amico e di fare il nostro interesse. Essere smembrati tra diverse associazioni che litigano fra di loro e assistere ad una divisione interna, ancora più lacerante, fra chi difende il proprio orticello senza guardare oltre la punta del proprio naso e chi progetta partiti e nuove associazioni è quanto di più deleterio ci possa essere.
Noi crediamo che il passo sia quello di unire le forze e non di dividerle. Ora la speranza è che il prossimo capitolo di questo libro, il libo della caccia, sia più bello e interessante di quello che abbiamo appena chiuso.
Giuseppe De Maria
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