Caccia anno zero: cambiare si può, ma con un po’ di testa.
Caccia anno zero. Limitazioni ovunque, l’Ispra come Pilato non fornisce i dati sulla piccola migratoria, nessuna possibilità di prelievo in deroga, catture dei richiami chiuse dal 2017 (già in atto il drastico ridimensionamento) e tanti paletti per ostacolare quello che è un diritto sancito da leggi nazionali, regionali e provinciali. per non parlare della vasta campagna anticaccia fatta da ministri, onorevoli e animalisti dell’ultima ora. Questo però è il momento di serrare i ranghi e non lasciarsi abbattere perché le possibilità per una ripartenza possono esserci. Come, dove e quando ?
- Dopo il voto del 25 maggio sarà costituito il nuovo parlamento europeo e se qualcuno dei candidati “cacciatori” o comunque sostenitori della pratica di Diana sarà stato eletto dovrà cominciare da subito a dare prova di “attaccamento alla maglia”. Dove? Nelle commissioni ad esempio, allacciando contatti con i colleghi francesi e spagnoli e restando in collegamento con la “base”. Ma sappiamo che solo questo non basterà, perché il confronto oltre che serrato sarà anche duro. Occorrerà dell’altro.
- Ci si dovrà muovere con dati scientifici per fornire tutti i numeri necessari da contrapporre a chi è contrario alla pratica venatoria e per questo occorrerà che le associazioni, almeno su questo fronte, facciano quadrato mettendo a disposizione tecnici e risorse tutti insieme. Una task-force di persone, ricercatori universitari, esperti anche provenienti dalla società civile, che possano offrire un serio e credibile contributo per poter proseguire nella prativa venatoria senza più intoppi. Ma anche questo non sarà ancora sufficiente.
- Ci sarà bisogno di grande lavoro di comunione fra tutte le associazioni. Dalla più grande alla più piccola per costituire una vera “lobby” capace di manovrare la situazione in maniera seria e credibile, trascurando i propri “orticelli” privati per una visione più ampia e moderna della caccia. Un’associazione capace di guardare avanti senza paura creando una nuova figura, moderna e preparata, del cacciatore.
- Occorrerà aprire un serio tavolo di confronto, e questo sarebbe un compito per gli ATC, con il mondo agricolo e con tutta la civiltà rurale per pianificare insieme tutta quella serie di miglioramenti ambientali di cui non solo la caccia ne rivendica la necessità. Un dialogo non fatto solo di rimborsi ma basato su strategie e progetti a lunga scadenza per avere un habitat adeguato per i ripopolamenti di selvaggina, stanziale e migratoria.
- Spesso si dice che la caccia è “occupazione” e che in termini di lavoro sostiene circa 100mila addetti, suddivisi fra aziende armiere e indotto (artigiani, abbigliamento, aziende faunistiche ecc.) e allora occorrerà che vi sia il sostegno di questa grossa ed incisiva componente. Per averlo sarà indispensabile il contributo di una buona classe politica che lavori di concerto con le associazioni venatorie.
Questa, a nostro parere, è la strada da percorrere. L’unica rimasta. Arrivare a Strasburgo e a Bruxelles mostrando la forza di una classe compatta, sostenuta da incontrovertibili dati scientifici, con il sostegno dei produttori armieri e un appoggio politico credibile, sarebbe un grande risultato al quale guardare con ottimismo. Un risultato che ci porterebbe ad una nuova legge nazionale sulla caccia (157) e a nuove leggi regionali e calendari venatori non più impugnabili dai ricorsi degli animalisti.
Cambiare si può, ma con un po’ di testa e di umiltà.
Caccia & Dintorni – Giuseppe De Maria
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