Cacciatori e Cinofili … Mario Grassi ci racconta la sua storia
Cacciatori e Cinofili … Mario Grassi, 94enne, ci racconta la sua storia. Una storia vera fatta di passione per la pratica venatoria e per la cinofilia. Una storia d’altri tempi ma ricca si contenuti ancora attuali
Cacciatori e Cinofili – Molti anni fa Mario Grassi, grazie alla sua passione ed esperienza, ha fondato la Gemini, azienda leaeder nella produzione di strozzatori per ogni esigenza sia per la caccia che per il tiro. Oggi Genini Chokes è gestita con successo da figlio.
Cacciatori e cinofili – Questa per me è una parola che evoca tante cose: in primis la CACCIA.
I “Graffiti” sono infatti per eccellenza le incisioni rupestri della nostra Valle Camonica – Primo Patrimonio dell’Umanità riconosciuto dall’UNESCO nel 1979 – testimonianza della caccia di quegli uomini primitivi ; graffiti sono pure i solchi indelebili incisi, nella mia memoria, dalle emozioni suscitate dal mondo venatorio in quasi tutte le sue manifestazioni
.
Esiste una locuzione, nel nostro dialetto bresciano : “ ghet amò ‘l vesse de ‘nda a tra ?”( hai ancora il vizio d’andare a caccia?). Capito? Di VIZIO qui si parla, e come tale io credo debba essere considerato, nell’accezione più benevola del termine, senza però toglierne tutta la forza al suo significato : per me lo è stato in modo assoluto, al punto da offuscare ogni altro slancio – o delusione- nel mio caso che, diciottenne, ero già deluso e umiliato per l’esito infausto di una guerra perduta .
Non voglio però soffermarmi su questo particolare, avendo io l’intenzione di dare rilievo alla CACCIA, questa grande passione ereditata dai miei antenati .
Mario Grassi ci racconta …. – Già mio nonno ( 1836 ) ex capitano dei bersaglieri, dopo aver combattuto, da venticinquenne bersagliere, per l’unità d’Italia, alla fine della sua carriera militare ( congedato con il grado di capitano e con la croce di cavaliere ) e dopo essere andato in pensione, praticava la caccia con i cani da seguita e, in alternativa, tendeva le reti agli uccelli migratori nel “ Rocol del Zuf “ in quel di Schilpario. Dunque caccia a 360°. Poi toccò a mio padre, che divenne invece, da dilettante cinofilo, uno stimato dresseur di cani da ferma. E fu appunto in questa sua ulteriore specializzazione che si avvalse anche della mia collaborazione – studente negli anni ’45 ÷ ’48 – e mi coinvolse ancora di più nell’arte venatoria.
Dunque “ GRAFFITI », sono la mia testimonianza, la voglia di ricordare, ed esternare per sé, e per altri, le grandi, emozionanti gioie – per di più innocenti – della vita nel suo scorrere .
PREAMBOLO: ho ripreso questi racconti per dar soddisfazione ai ricordi e alla memoria nello stesso tempo : infatti la perdita di memoria è quasi un incubo per noi anziani. Così, con l’estro della rievocazione ho colto l’occasione per fare – come si dice – “ allenamento”.
Caro Giacomo, questi ricordi li avevo cominciati a scrivere parecchi anni fa per un mio caro amico cinofilo, che ora è un pezzo grosso dell’ E.N.C.I. (ENTE NAZIONALE DELLA CINOFILIA ITALIANA).
Cacciatori e cinofili
Correva l’anno 1935 ( io avevo otto anni ), mio padre – grande appassionato – aveva prenotato e poi acquistato un cucciolo “ pointer “ di grande genealogia :
VERCELLENSIS BIRD, detto Xerses, era il padre e ALTESSE DE RIFBELLE, la madre, ambedue – come si può intuire dal nome dell’allevamento – erano campioni di lavoro su beccaccini. Così nacque
“ SERIO DEL GATTICO detto HALLO “
« Halo ! halo !», diceva mia madre, per dire che era uno scialo da milionari, spendere, allora, l’intera mesata di uno stipendio da impiegato comunale, per un cucciolo di appena quaranta giorni. Questo, fu un grande cane, un campione che fece epoca, di grande stile e qualità naturali, che stravinse in gare sia su selvaggina naturale che su quaglie liberate – allora le catturavano per le gare, a cura dell’ OSSERVATORIO ORNITOLGICO di Ancona – ed erano naturalmente ottime volatrici, e pedinatrici.
Mio padre lo aveva addestrato con ogni scrupolo, eseguiva tutti gli esercizi di correttezza sia in cortile che in aperta campagna; anche perché il soggetto, come del resto quasi tutti i suoi consimili della stessa razza, essendo esuberante, bisognava controllarlo in ogni situazione. Esso gli dava grandi soddisfazioni, tanto in gara, quanto in caccia pratica; paradossalmente : lo si poteva impiegare con i segugi sulla lepre, e dopo un breve allenamento riportarlo in gara.
Ma, dopo la seconda e la terza stagione, lui i beccaccini non li fermava ancora. Nonostante il grande naso ! O meglio, lui li fermava, e a grande distanza, però su terreno falso – stoppie di mais, colza, seminati di frumento in primavera ecc.- ma, non in marcita.
Un cinofilo di Padova, grande appassionato, il dottor Centanin, gli fece una favolosa offerta : una permuta, col suo “ WISKI “campione (da gara ) più MILLE lire ! A quel tempo girava appunto la canzone che faceva :
« Se potessi avere, mille lire al mese…
senza esagerare, sarei certo di trovar
tutta la felicità!.»,
per dire che era una somma favolosa . E lui lo cedette. Non ti dico, il soggetto, quale carriera fece in seguito – come campione e come riproduttore – perché il Centanin lo affidò al MAGO ! (il mago, era niente po’ po’ di meno che PUTTINI, di Cerea ( VR ) ! Dresseur della Real Casa, ecc. ecc. .
“ MISS “
Ma mio padre voleva il beccaccinista : il suo amico Giacomo Bellini, cinofilo appassionato, aveva avuto, non si sa come, una bellissima pointer di origine francese, che però aveva paura delle fucilate, difetto per lui inaccettabile, dato il suo impegno professionale. Così la affidò a mio padre che la prese e con tanta pazienza, e riuscì alla fine a vincerne la timidezza.
Miss si rivelò una grande beccaccinista, cagna di un naso chilometrico e sensibilissimo, sovente, arrivando in prossimità del ponticello di una marcita, ancora sulla cavedagna, si arrestava, ferma, come in trance, poi, guidando con passo felpato, ci accompagnava verso i beccaccini, che non sempre si levavano a tiro di schioppo!.
Gli anni della guerra interruppero le belle caccie di mio padre, che arruolatosi volontario, andò sul fronte greco-albanese. Fu così che Miss divenne il cane di tutti i cacciatori del paese . Mia madre ne era gelosissima, ma non riusciva a trattenerla dal correre dietro al primo cacciatore di turno, che la invitasse a seguirlo, e col quale, poter dare sfogo alla sua grande e sapiente passione.
“ DRESSEUR “
Dopo la guerra, mio padre, epurato perché fascista, dietro consiglio di alcuni amici cinofili, si diede per alcuni anni alla libera professione di dresseur. Fu cosi che anch’io, per essergli d’aiuto, ebbi occasione di conoscere, al colmo del mio entusiasmo giovanile, i più bei nomi della cinofilia bresciana e cremonese di quegli anni; e passarono per il nostro canile, alcuni soggetti notevoli :
“ B E L L A “
Questa fu forse il miglior soggetto di tutti. Pointer, biancarancio, di grande genealogia, dono di appassionati cinofili francesi al Com. Pier Carlo Beretta. Anche questa femmina, molto nevrile, aveva paura delle fucilate oltre che del temporale. Iniziammo il suo addestramento nel modo classico, partendo dagli esercizi di correttezza, prima in casa, poi in cortile, infine all’aperto; a quel punto la portammo sulle quaglie gabbiarole, catturate ad Ancona; dopo poche uscite le fermava con sicurezza e stile, a grande distanza : andavamo su terreni ampi di circa cinque-dieci ettari. Accadde più di una volta che dopo una veloce esplorazione in profondità, prima di sottomettersi al comando di una cerca più ordinata, cadesse in ferma in un punto che ci lasciava incerti nel giudicare su quale , delle due o tre quaglie seminate , decidesse di puntare. Stabilimmo che l’emanazione delle gabbiarole era troppo intenso e forte, per lei, e che conveniva aspettare la stagione delle quaglie primaverili, a caccia chiusa – da maggio a luglio –.Fu in questo momento che ci diede grandi emozioni e soddisfazioni : ad esempio : una sera, dopo il tramonto, percorrendo una stradina interpoderale per il ritorno a casa – la cagna al guinzaglio, io dietro, al traino con la bicicletta – si bloccò di botto, facendomi cadere a terra, per bloccarsi in ferma, dalla strada, puntando su una coppia di quaglie in amore, a quasi trenta metri, in mezzo a un medicaio; un’altra volta durante un tratto della sua velocissima cerca, nell’istante stesso in cui superava con un balzo il grosso canale di scolo, rimase quasi come colpita dallo scontro con un muro invisibile, colta dall’emanazione del selvatico, per poi atterrare scompostamente dalla parte opposta, e rimanere bloccata in ferma seduta.
Ma purtroppo come già detto, aveva paura dello sparo, anche dello scacciacani. Infatti, iniziammo la stagione venatoria con la cagna al guinzaglio, collegato alla cintura dei miei pantaloni, come la si scioglieva scappava subito a casa. E così successe parecchie volte, con nostro grande disagio per il timore che smarrendosi,ce la rubassero.
Ormai la portavamo con noi, senza speranza, pur sapendo quali doti si celassero sotto la sua apparente timidezza, e pensavamo con tristezza di doverla riconsegnare al suo celebre proprietario senza aver ottenuto alcun risultato.
Finalmente, un giorno, mentre cacciavamo, io e mio padre, in quelle condizioni, capitammo in una grande stoppia di mais – eravamo verso i primi di ottobre – e le prime allodole migratrici giungevano nei nostri campi fiduciose, ignare della caccia che gli avrebbero dato successivamente; fu così che a un tratto, Bella, rimase in ferma su questi uccelli, di naso, non a vista, come purtroppo faceva alcune volte; cosa che non permettevamo, perché non si abituasse ad altri uccelli; e siccome aveva molta passione per questi, mio padre la sciolse permettendole di guidarli e forzarli al volo; nella foga del suo istinto, li inseguiva abbaiando all’impazzata !!. Uno scandalo per un cane da penna. A questo punto si realizzò il piano di mio padre : sparare un colpo; il quale sortì l’effetto di arrestare per un attimo la sua folle rincorsa, che però riprese quasi subito; poi un altro colpo, seguito da un altro più breve arresto; poi un altro; e un altro ancora; infine non ci fece più caso, rapita com’era nel suo folle e canoro inseguimento.
Da quel giorno, Bella si trasformò : la paura degli spari scemava e la sua passione aumentava. Con il suo potentissimo olfatto fermava tutto : quaglie; tortore; merli; tordi e allodole. Alla seconda stagione venatoria
( il suo proprietario ce la lasciò a pensione quasi due anni, delegando a Cesarino Podestini – suo fido collaboratore, il compito di verificarne i progressi ), infatti la prima stagione era ormai trascorsa senza risultato, anzi, solo quello di guardare e puntare gli altri uccelli,per cui fummo costretti a riaddestrarla, iniziando rigorosamente daccapo, per poterla controllare meglio sul terreno di caccia.
Divenne grande in tutto : nelle gare, a cui noi partecipavamo di nostra iniziativa all’insaputa del suo illustre proprietario, sollecitati anche da cinofili cremonesi nostri clienti ( Prof. Lusardi; Dr. Perfetti; Ing. Tavecchi; Sig. Villa; Dott.Corna; Ing. Barbieri ) che avendola vista negli allenamenti ne rimasero letteralmente sbalorditi.
Ne citerò una soltanto, che si svolgeva su quaglie liberate a Bergamo, sul campo d’aviazione di Orio al Serio. Partecipammo nella categoria novizi che stravinse; mio padre la iscrisse subito, sul campo, nella categoria adulti ove si impose sopra un nutrito numero di partecipanti fra i quali «Minos detto Mimo », l’ ormai celebre setter laverak, condotto dal già citato Puttini .
Mentre sul terreno di caccia, sui beccaccini, raggiunse livelli eccezionali; anche qui citerò un solo episodio significativo. Eravamo a caccia per marcite vicino al fiume Oglio, sui terreni della cascina “ Bianca “ : la cagna, dopo essersi allontanata un tiro di schioppo, rimase in ferma al centro di una grande marcita ( quella “ del Quadrel “) leggermente declinante, puntando a valle verso un grosso canale, mi avvicinai : lei cominciò a guidare verso quella direzione, a questo punto pensai alle marzaiole, invece niente; lei scese la riva verso l’acqua sempre in atteggiamento di guidata, guadò e iniziò a risalire la sponda opposta, oltre la quale si stendeva un ampio seminato di frumento, allora mi precipitai indietro sino al ponticello per poterla raggiungere dall’altra parte del fiume e magari coronare l’azione con successo – si sa che i beccaccini in primavera sono restii ad involarsi, sono fidenti, – infatti la raggiunsi; lei era ferma, come un marmo; li aveva vicini; partirono; non ricordo più se le diedi soddisfazione; ricordo solo la grandissima emozione provata – avevo il cuore in gola !. La cagna li aveva fermati a circa un centinaio di metri ! Al di fuori della marcita, dove iniziammo la cerca e dove solevano pasturare i beccaccini, e poi con una lunghissima e felina guidata, li aveva raggiunti nel campo opposto.
“ CACCIATORI E CINOFILI “
Comincerò con un nostro caro amico di famiglia: Cav. Ferrari Giovanni, detto “jsüpì pasçio”, compagno di partito di mio padre, casaro e grande appassionato cacciatore.
Durante il periodo bellico – 1940 : 1945 – frequentava spesso la nostra casa,
abitava a Cadignano, piccola frazione del nostro comune, veniva ogni giovedì al mercato, essendo Verolanuova un grosso centro di produzione agricola che richiamava tutti gli agricoltori e operatori commerciali. Mi piace ricordare un particolare che mi fa ancora tenerezza : mio padre esigeva che mia madre facesse la spesa esclusivamente con la tessera annonaria! Figuriamoci, voleva dire fare la fame! Ebbene, lui, che essendo casaro, poteva permetterselo, ci portava per quel giorno, all’insaputa di mio padre, un panetto di burro da mezzo kg. che era per noi come una manna. Ma lui aveva anche un grandissimo cane setter beccaccinista :
“ FULL “
Ricordo principalmente di questo cane due caratteristiche : il grande olfatto e la cerca, che non era per niente secondo lo stile della sua razza: lui procedeva quasi sempre al trotto – quasi come un bracco – la coda ricca di frangia, diritta, verso l’alto, pronta a irrigidirsi nell’atto della ferma. Era soprattutto un cane da beccaccini, li fermava sul ponticello della marcita, ancora prima di entrarvi, e se non c’erano, dopo un piccolo breve giro ritornava ai piedi del conduttore, anzi a volte non entrava neanche nel campo, se non sentiva emanazioni ( ed ogni volta costatavamo che ciò era vero ). Sulle quaglie era un po’ più vivace nella cerca. Le fermava con sicurezza, ma non alla distanza dei beccaccini.
“ GONZAGHENSIS RUTH detta KIRA “
Durante l’assenza di mio padre, andavo spesso a Cadignano con la nostra Kira ( altro soggetto famoso ), per provarla in coppia con Full sulle quaglie, oppure in marcita su beccaccini. Essa non aveva la potenza olfattiva del compagno, ma collaborava brillantemente con lui, era attenta all’azione del suo leader, e qualora fosse caduto in ferma, si bloccava con una eccezionale ferma di consenso.
Era per me magico, il momento in cui entravo nel cortile del caseificio con la cagna al guinzaglio; jsüpì (Giuseppe), mi aspettava, anche lui impaziente, e nel vedermi mi apostrofava : « trimintì », un nomignolo che non so ancora oggi cosa volesse dire; si slacciava subito il grembiule da casaro; infilava gli stivaloni; liberava il suo Full dal recinto ed infilata anche lui la bicicletta, partivamo per stoppie o per marcite ( erano uscite di allenamento, non si potevano portare armi in quel periodo). Anche per la Kira si trattò di un acquisto audace di mio padre. Era un soggetto acquistato dal canile “ GONZAGHENSIS “ di Renzo Marchesi di Gonzaga ( MN ), di grande genealogia; ce l’aveva spedita per ferrovia in una piccola cassetta di cartone; aveva quaranta giorni ; andai io stesso a svincolare il pacco alla stazione di Verolanuova, non era tanto bella, aveva un manto inusuale per i setters, il suo mantello era bianco nero, più nero che bianco. Si rivelò subito molto intelligente, sagace e ubbidiente; batteva il terreno scrupolosamente con una cerca velocissima e incrociata, come una spola, davanti al conduttore. Fermava quasi sempre con un rovescio, seduta – sulle quaglie -, in perfetto stile, anche perché era così veloce che non avrebbe potuto arrestarsi di botto, e rimanere in piedi. Mentre sui beccaccini andava con circospezione e scaltrezza, fermando quasi sempre la pastura – a volte in bianco – comunque non sprecava mai gli uccelli, e ci consentiva sempre di coronare con successo l’azione. Fu per queste sue eccezionali doti che, anche dopo aver fatto il cimurro – malattia deleteria per l’olfatto – il notaio Pasini, “ Jsüpì”, la chiese a mio padre, che gliela cedette in regalo .
Era prontissima ai comandi ed era un piacere vederla lavorare in coppia con “ Sirio “, altro setter bellissimo, tricolore, di proprietà del Dr. Perfetti di Cremona. Con questa coppia avemmo molte soddisfazioni, in gara come sul terreno di caccia pratica.
“ ROLL “
Questo invece era un setter irlandese, un bellissimo modello dal manto color palissandro chiaro brillante, di grossa taglia – pare infatti che gli irlandesi usassero questi soggetti anche come cani da slitta. Purtroppo aveva uno scarso istinto della ferma, o meglio, l’accennava appena, e poi fatalmente sfrullava. Ebbene era tale l’affiatamento con questo cane che presto lo ebbi completamente ai miei comandi.
Eseguiva benissimo tutti gli esercizi di correttezza ed anche il riporto. In queste condizioni, approfittando di ciò, non appena dava cenno di fiutare o, come si dice, meglio “ filare “ il selvatico, gli comandavo il “ terra”. In poco tempo mostrò di aver assimilato appieno la lezione e trasformava la posizione di “ a terra” in una ferma, prima da seduto, poi all’in piedi. Divenne così un solido puntatore e guidatore. Non riesco a dire le soddisfazioni che ebbi dal suo proprietario, l’ Ing. Barbieri, anche lui di Cremona, con il quale, successivamente, andai spesso in riserva, a caccia di fagiani ( per fortuna selvatici, poco pedinatori e molto leggeri al frullo – data la fitta cerca di piccole gaggìe – )
Mario Grassi
Le foto dei cani usate sono del nostro archivio Licenza Canva
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