Politica, caccia ed economia… il nesso c’è
Adesso abbiamo un nuovo Papa, un nuovo (si fa per dire) Presidente della Repubblica, presto anche un nuovo Governo, ma i problemi sono gli stessi di prima: una crisi economica che si incancrenisce, perdita di posti di lavoro e chiusura di molte piccole imprese, tagli ovunque, salari che perdono valore, aumento di bollette… e una classe politica arroccata sulle proprie questioni morali, se di moralità possiamo ancora parlare.
E in tutto questo “la caccia che c’entra?” ci si chiede. Domanda lecita.
In tutto questo la caccia, il settore armiero, l’indotto (abbigliamento – accessori – aziende faunistiche – cinofilia – fabbriche di mangimi – turismo venatorio ecc.) potrebbero rappresentare una buona possibilità di occupazione per molte persone. Il settore armiero, che vale oggi lo 0,5% del PIL nazionale, occupa (crisi compresa) circa 90.000 (novantamila) addetti – una bella cifra se paragonata per esempio all’ILVA di Taranto di cui si parla sempre (giustamente) molto, che occupa 5.000 lavoratori. Questo significa che il settore armiero vale 18 volte l’ILVA, ma del settore armiero nessuno parla, se non a sproposito e senza dati, per attaccarlo e porlo in cattiva luce criminalizzandolo. Attacchi quotidiani che giungono spesso da fronti animalisti e ambientalisti con la cultura metropolitana, ma che sono appoggiati sistematicamente da quel mondo politico che bada più a i voti e ai posti di potere che all’occupazione vera e proprio cioè al lavoro. Proprio in occasione della recente edizione di EXA 2013, la fiera italiana per eccellenza delle armi e dell’outdoor, si è parlato di un settore che tiene, che non ha perso come altri e che nell’export ha dato segni di ripresa. Una fotografia interessenza se confrontata con altri settori della meccanica come quello automobilistico. E allora perché non fare qualcosa per queste aziende che credono e investono nel loro lavoro? Perché non sostenerle attraverso il credito e la detassazione? In Val Trompia (Brescia), la patria e la culla delle grandi aziende armiere ma anche di piccole realtà che costituiscono l’eccellenza mondiale del prodotto, mancano addetti. I maestri incisori sono sempre meno e così certe figure specialistiche del settore che vanno scomparendo. L’ANPAM, il Consorzio Armaioli Italiani, e tutte le sigle di categoria lo sanno bene e sanno anche che con piccoli aiuti alle imprese artigiane si potrebbe incrementare da subito il lavoro di un 5%, che tradotto in posti di lavoro significherebbe più o meno 5.000 assunzioni: un’altra ILVA!
Un dato su cui riflettere e sul quale devono riflettere anche certi politici che per convenienza personale si schierano contro la caccia, non considerando, per ignoranza propria, che su questa passione possono vivere migliaia di famiglie e alle cui spalle ci sono grandi tradizioni di cui essere fieri.
Beppe De Maria
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