A proposito di cesene ecco un bel racconto scritto dal nostro amico Fausto.

 

LE BELLE FATICHE DEL CACCIATORE PUGNO

cesena 2

La caccia alle cesene è sempre stata la più grande attrazione…… dei cacciatori capannisti, ….nessun

altro uccello migratore ha mai …….

Certi anni il passo delle cesene è abbondante ed altri è scarso, a volte nullo, e ciò dipende dal clima  invernale che si instaura nei paesi dell’Est sino alla Siberia, negli abitat ove normalmente vivono e

si riproducono; avviene che se in tali zone l’inverno è molto rigido, con il gelo le – pasture – ossia le bacche di vari alberi ed i vermi nel terreno, vengono a scarseggiare e pertanto, spinte dalla fame,

sono costrette ad intraprendere la migrazione verso l’Europa Sud-Occidentale, ove il clima più mite non distrugge le bacche sugli alberi e permette loro di – scavare – nei terreni coltivati alla ricerca dei

prelibati vermi; mentre se l’inverno è un poco mite le pasture non vengono a scarseggiare neanche nelle zone dei loro abitat, pertanto non sentono la necessità di migrare e restano nelle zone in cui si

trovano; come avvenne nell’annata del seguente racconto.

Un giorno, Santo dei Carlore, di soprannome – Pugno -, mentre eravamo assieme in un capanno sugli Appennini pavesi, quasi alla sommità del monte Penice, mi raccontò come si svolse una sua

incredibile annata di caccia alle cesene.

cesena

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“Non ricordo bene”, mi disse, “Se era l’anno ’71 od il ’72, lavoravo alla fonderia Glisenti e dopo varie trattative coi miei colleghi di lavoro riuscii a concordare di poter lavorare sempre al secondo

turno per i mesi di dicembre e gennaio, in modo da poter dedicarmi alla caccia alle cesene per tutte le mattine di questi due mesi. Avevo il capanno di caccia su ai Colmi di Polaveno: il percorso per

salirvi era quello di andare per la mulattiera del Faito (ovviamente a piedi) per il quale impiegavo circa 25 minuti per arrivare allo Zoadello e da qui salivo per il ripido sentiero che si inerpica nel

bosco sino al capanno, per il quale erano necessari non meno di 45 minuti: quindi il tempo che impiegavo per l’andata era di un’ora e 10 minuti mentre per il ritorno a casa impiegavo circa 50

minuti. Le gabbiette che portavo per i richiami le avevo limitate a 12, che portavo in spalla con la – portantina – oltre al fucile ed allo zainetto per le cartucce e la colazione. Forse, da serio cacciatore,

avrei dovuto portarmi qualche cesena di richiamo in più ma anche per uno ben allenato come lo ero io, sia nel camminare che in fatiche e lavori di campagna, non era una semplice passeggiata partire

tutte le mattine alle cinque da San Giovanni, che si trova a quota 600 metri e salire ai Colmi a circa 920; da non tralasciare neanche, per ben valutarne le fatiche alle quali mi sottomettevo, che alla sera

mi coricavo verso mezzanotte, dopo aver lavorato in fonderia sino alle dieci di sera e giunto a casa dopo le undici”.

Quando poi gli chiesi quante mattine era salito al capanno in quei due mesi, mi disse: “Stenterai a credermi ma ci sono salito per ben 61 mattine: se consideri che dal primo di Dicembre al 31

Gennaio i giorni sono 62 e togliendo il giorno di Natale, unico giorno che sono rimasto a casa, risultano esattamente 61″.

A questo punto lo interruppi dicendogli che forse il soprannome – Pugno – gli era stato affibbiato da qualcuno che lo conosceva bene come uno puntiglioso e di forte carattere ; poi aggiunsi che non mi

aveva ancora detta la cosa più importante, ossia quante cesene aveva preso in 61 mattinate di caccia. “Quello che ti dico ora stenterai ancora di più a crederlo”, mi disse, “Ma è la pura verità, ne catturai

una, si soltanto una in 61 mattinate al capanno ai Colmi”, e dopo essere stato zitto per qualche attimo riprese, “Ora però, dopo quanto ti ho raccontato della mia avventura, non devi ritenermi un

matto od uno sprovveduto, per aver avuto quella insensata costanza. Varie volte anch’io avevo deciso di non andarci più, ma quasi tutte le mattine avveniva qualcosa che mi faceva ben sperare e

ritenere che la mattina dopo sarebbe stata quella buona: una mattina vedevo un paio di cesene passare più in basso dirette verso il capanno alla Pozza dei Birli, un’altra sentivo degli spari ai

capanni verso i Prati Magri, un’altra ancora vari spari verso la Punta dell’Oro, o varie volte le cesene di richiamo esplodevano in un canto che segnalava che avevano sentito l’arrivo di cesene da qualche

parte; praticamente quasi tutte le mattine avveniva un segnale che faceva ben sperare per la mattina dopo.capanno

Inoltre contribuivano a farmi sempre ben sperare anche le notizie che sentivo sul lavoro o in paese, che riportavano di altri cacciatori che avevano preso qualche cesena sulle montagne nelle

nostre vicinanze. Le speranze si mantennero per 60 mattinate mentre la sessantunesima, il 31 Gennaio, i richiami segnalarono con un canto più deciso e più insistente del solito, che stavano

arrivando delle cesene, ebbene la vidi, era una sola che proveniva scendendo dalla Punta dell’Oro, con varie planate d’ali rallentò ed andò a posarsi sul secco più alto verso il Lago d’Iseo, (per i non

cacciatori: i – secchi – sono rami senza foglie che si mettono sulle sommità degli alberi per meglio evidenziare gli uccelli che si posano, detti appunto posatoi), a tal vista, mentre imbracciavo per la

prima volta il fucile, invocai la Provvidenza affinché l’emozione non mi facesse compiere atti inconsueti col rischio di farla volar via o sbagliarla nel tiro, e non la sbagliai, era l’ultimo giorno di

caccia e per me il sessantunesimo”.

Palini Fausto

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