La solitudine del cacciatore tra battaglie ambientaliste, silenzi politici e divisioni associative
“Nove milioni e mezzo di italiani vivono con meno di 506 euro al mese. La povertà dovrebbe essere dichiarata illegale”. Un impoverimento materiale che va di pari passo con quello culturale. Mentre i dati della disoccupazione, specialmente giovanile, continuano a crescere e le famiglie tirano la cinghia.
E loro, gli amici ambientalisti e animalisti, cosa fanno? Se la prendono con la caccia, con il mondo venatorio come se quello fosse il vero problema del Paese Italia. Puntuale come sempre arriva il solito ricorso “a orologeria” delle associazioni ambientaliste, che ora sono passate dai gazebi in piazza, magliettine e cappellini, alle ben più eclatanti battaglie legali, utilizzando come fosse un loro strumento il TAR, il Consiglio di Stato e la magistratura in genere. Di tutto questo la politica ovviamente se ne infischia e si volta dall’altra parte per non vedere.
In Liguria la caccia è stata bloccata e i cacciatori ora chiedono di essere risarciti delle tasse pagate (sognano…), in Piemonte si è andati avanti con grande difficoltà e disagio, in Lombardia e Veneto niente “deroghe”, per non parlare di Campania, Lazio, Toscana ecc. Nessuno vuole capire (o fa finta) che la caccia in Italia è quella più regolamentata d’Europa e che costituisce fonte di reddito per migliaia di famiglie.
Francamente in tutta questa vicenda non si sente però una voce importante: quella del settore armiero e delle sue istituzioni. Avete mai sentito ad esempio una grande fabbrica d’Armi scendere in campo su questi argomenti? Avete mai sentito l’ANPAM o il CNCN parlare del boicottaggio politico e sociale in cui versa la caccia e i cacciatori. Qualche convegno qua e là e la loro coscienza e a posto. Ma perché queste grandi aziende del settore armiero e questi carrozzoni istituzionali tacciono? Forse per non scontentare il politico di turno che agevola e sovvenziona. Questa potrebbe essere una risposta o forse sotto ci sono altri interessi. È chiaro.
E allora perché stare qui a prendercela tanto? In più abbiamo lo svantaggio di essere associativamente divisi e questo è un grande, ma grande, ostacolo. In Francia dove ci sono circa un milione duecentomila cacciatori – sotto un’unica bandiera – il settore venatorio è forte e compatto e li si caccia seriamente salvaguardando anche le tradizioni, come la cattura con il vischio. Perché non prendere esempio, perché dire NO alle lobby che ci vogliono tenere divisi, perché non trovare il modo e la forza di unire questi cinquecentomila cacciatori italiani (ogni anno sempre in calo), perché non dimostrare di essere ancora una forza e far sentire una voce compatta? Il malessere cresce a vista d’occhio dal Nord a Sud, ma con esso anche la rassegnazione e questa è la cosa più triste.
In una nazione che stenta ad uscire dalla crisi per via di una politica inquinata e senza riferimenti (…il PD è senza capo, il PDL ha un capo… ai servizi sociali, il 5 Stelle per capo ha un comico, La Lega di capi ne ha almeno 3 e poi ci sono però tanti capi senza un partito….) questo sarebbe il momento giusto, forse l’ultimo treno su cui salire al volo, per unire il gruppo. Non è facile, non sarà semplice, ma è l’unica strada. La Francia insegna.
Beppe De Maria
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